«Vaghe, fantastiche, chimeriche, impossibili». Leopardi, Benjamin e le «opere di genio»
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2785-2288/19191Parole chiave:
Giacomo Leopardi, immaginazione, immagine, opera d'arte, Walter BenjaminAbstract
Già a un’indagine preliminare, il pensiero di Benjamin rivela un numero considerevole di tematiche affini a quello leopardiano e, soprattutto, il medesimo orientamento di fondo, volto a guardare criticamente ai modelli della contemporaneità. Il presente contributo intende indagare questo sostrato comune, fermandosi in particolare sull’analisi che Leopardi e Benjamin rivolgono all’opera d’arte: in un orizzonte, quello culturale europeo, guardato da entrambi con disillusione, le questioni estetiche intorno all’opera e alla sua ricezione, ricoprono giocoforza un ruolo fondamentale, che a un’attenta analisi pone il pensiero leopardiano sulla stessa traiettoria che sarà propria del lavoro forse più famoso del filosofo berlinese, L’opera d’arte al tempo della sua riproducibilità tecnica. Indagando la profonda antinomia tra l’auraticità delle «opere di genio» e la «traccia» infeconda di un fare acritico, questo contributo cercherà di mettere in luce alcuni nodi fondamentali del pensiero leopardiano, come la funzione determinante dell’immagine (e, dunque, dell’immaginazione) nell’impianto gnoseologico zibaldoniano e la proprietà filogenetica delle immagini antiche.
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